DE NUCE MAGA BENEVENTANA
La tradizione mitologica delle streghe di Benevento
si precisa come problema storiografico soprattutto in età moderna, con l’opera
del protomedico e filosofo beneventano Pietro Piperno: De Magicis affectibus & de Nuce Maga Beneventana, pubblicata
per la prima volta a Napoli nel 1634
e poi riedita, nella versione italiana, a partire dal 1639.
Nel suo lavoro Piperno illustra la leggenda, di
come il noce fosse luogo di ritrovo di maghi e streghe, l’imposizione di san
Barbato di tagliare l’albero maledetto alle cui radici fu rinvenuto un diavolo
nelle sembianze di un serpente.
Piperno fa risalire la leggenda delle streghe all’occupazione
longobarda della città che avvenne attraverso l’instaurazione di un ducato, di
cui Benevento ne fu capitale. Ai tempi alcuni longobardi, seppur convertitisi al
Cristianesimo, continuavano ad eseguire i riti pagani, e in modo particolare una
pratica che prevedeva di ruotare, in modo sfrenato, in groppa ai cavalli
intorno ad un albero ai cui rami era stata appesa una pelle di capro, in onore
del dio Wotan. Barbato, vescovo della città, accusando i longobardi di
idolatria, volle a tutti i costi che il noce venisse eliminato. Nonostante fosse
stato sradicato, il noce ricresceva misteriosamente.
Per quanto l’opera del protomedico Piperno possa
riportare degli errori e peccare, a tratti, di anacronismo, rappresenta l’opera
più importante che si occupa della leggenda delle streghe beneventane e delle
sue origini. Il lavoro riporta, minuziosamente, una mappa su cui è segnato
esattamente il luogo in cui era ubicato il noce.
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